Il nido e la scuola dell’infanzia costituiscono i primi spazi di vita comunitaria in cui i bambini sperimentano relazioni significative al di fuori della famiglia. In questi contesti si gettano i semi e forse nascono le radici di un’educazione alla pace e alla differenza, intese come fondamento del processo formativo.
Parlare di pace con i più piccoli è possibile: significa insegnare gesti semplici e quotidiani, come aspettare il proprio turno, condividere un gioco, consolare un amico che piange, trovare insieme una soluzione quando nasce un litigio. La pace, infatti, non è qualcosa di lontano o astratto, ma prende forma nella quotidianità, nelle parole e negli atteggiamenti che adulti e bambini e bambine scelgono di usare ogni giorno. Come ricorda Contini (2009), il compito di educatori e insegnanti è quello di accompagnare i bambini a dare senso alle proprie esperienze, sostenendo l’emergere di atteggiamenti empatici e prosociali.
Allo stesso modo, educare alla differenza vuol dire insegnare che ciascuno è unico e importante. Ognuno porta con sé una lingua, una storia, un modo di fare, e tutto questo diventa una ricchezza per il gruppo. Imparare a riconoscere e rispettare le differenze significa crescere più aperti, curiosi e capaci di accogliere.
In questo modo, già nei primi anni di vita, si gettano le basi per una società più giusta e solidale: fatta di persone capaci di accogliere, dialogare e costruire ponti. Perché la pace e il rispetto delle differenze non si imparano una volta per tutte: si coltivano ogni giorno, fin da piccoli.